Con l’arrivo della stagione estiva, molti armatori decidono di revisionare e, molte volte cambiare, le cime della propria imbarcazione. Ma perché cambiare le cime anche se sembrano ancora in buono stato?

Innanzitutto, le cime non hanno una vita infinita a causa della drastica perdita di resistenza al carico e all’allungamento dovuta al passare del tempo. Proprio per questo, le drizze, le scotte e tutto il cordame di bordo sono tanto importanti come la vela e tutta l’attrezzatura in generale, in quanto, se di qualità, aiutano a navigare meglio e in sicurezza. Inoltre, ogni materiale di cui sono fatte le cime ha una proprietà particolare: resiste meglio ai carichi, si allunga poco, non soffre ai raggi ultravioletti ecc. Queste caratteristiche vengono ottenute però, non solo con la scelta del materiale più nobile, ma a seconda di come le cime vengono lavorate e intrecciate tra loro. E ognuna è pensata per svolgere un ruolo ben preciso.

Le variabili

Tra le variabili principali di una cima nautica vi è la sua elasticità, e quindi la percentuale di allungamento sotto carico. Altrettanto importante è individuare la resistenza sotto stress di una cima, e quindi il carico di rottura: quale tensione può sopportare quella determinata cima prima di rompersi? In realtà, le cime nautiche hanno resistenze di carico estremamente elevate, che rendono praticamente impossibile una rottura durante un utilizzo normale: questi cavi possono però danneggiarsi in caso di posizionamenti errati, o per dei rischiosi nodi.

Il materiale

Il materiale è un fattore determinante nella scelta della cima e, a volte, anche fuorviante. Capita spesso che l’acquisto venga fatto avendo in mente un budget ben preciso, senza tenere però in conto che forse, per l’utilizzo che se ne deve fare, occorrerebbe una cima di tutt’altro costo e materiale. Infatti, le cime nautiche di base e quindi molto economiche sono quelle in polipropilene, le quali a una resistenza di carico media e a una buona resistenza ai raggi ultravioletti accompagnano un allungamento non trascurabile. Fanno meglio le più diffuse cime in poliestere, con un carico di rottura alto e un allungamento medio. Offrono risultati estremamente positivi quanto a resistenza di carico le corde in fibre Aramidiche, Dyneema, Spectra, Vectran e Zyoln, con un allungamento minimo. Si parla, soprattutto nel caso delle Dyneema, di cime che fino a qualche tempo fa venivano utilizzate soltanto durante le regate, e che oggi invece prendono posto anche sulle normali barche a vela. In tutti questi casi, però, il prezzo è maggiore rispetto alle normali corde in poliestere.

Scegliere le scotte

Pensiamo all’acquisto di una scotta della randa, e quindi della cima nautica che ha il compito di manovrare la vela issata sull’albero principale (in certi casi l’unico) della barca. Stiamo dunque parlando di un cavo che, per essere efficace, deve vantare un allungamento minimo, nonché un’elevata resistenza ai carichi, avendo a che fare con una tensione piuttosto importante. Questa scotta, andando a toccare in vari punti lungo il suo percorso, deve inoltre offrire un’alta resistenza all’abrasione e, a fronte di questa pretesa, offrirsi in modo ergonomico ai diportisti, i quali esigono infatti uno spessore adatto per le proprie mani e una certa morbidezza. In linea generale, su una barca da regata o una barca a vela da crociera si propenderà per una scotta di qualità, a partire dal materiale scelto (come per esempio il Dyneema). Anche per altre imbarcazioni, però, ci si dovrebbe guardare dalla corsa verso il risparmio eccessivo, orientandosi su dei cavi sì di poliestere, ma prodotti da aziende riconosciute nel settore. Le stesse caratteristiche sono richieste per esempio anche per una scotta del genoa, alla quale, oltre a un elevata resistenza ai carichi e a un allungamento quasi inesistente, viene richiesta una particolare resistenza all’usura, vista la particolare azione delle draglie.

Scegliere le drizze

A prescindere dal tipo di drizza che va valutato in funzione dell’utilizzo e del costo, nell’acquisto di questa manovra corrente occorre prima di tutto calcolare la quantità, la lunghezza e il carico di lavoro a cui è sottoposta. Per la lunghezza se non si hanno precedenti indicazioni (la vecchia drizza) si può fare riferimento a quelle montate su una barca simile o consultare una delle tabelle di calcolo disponibili sui siti internet dei vari produttori di cavi o di accessori di coperta. Altrimenti si può fare riferimento a una pratica regola empirica che consiste nel trasformare in metri la lunghezza della barca espressa in piedi: per una barca di 40 piedi quindi bisognerà acquistare drizze lunghe 40 metri.

Riguardo le singole specificità va tenuto presente in ogni caso che la drizza della randa dovrà avere una lunghezza tale da potere essere fissata in coperta e avere l’altra estremità che continua almeno un paio di metri oltre lo stopper o lo strozzascotte. La drizza del fiocco dovrà avere invece un imbando tale da consentire agevoli manovre a prua, anche a tangone armato. La drizza dello spinnaker infine dovrà misurare almeno tre volte l’altezza dell’albero per fare in modo nell’ammainata di potere filare la vela tenendola a bandiera dietro la randa mantenendo la drizza sotto controllo con il winch.

 

Speriamo che questo articolo vi sia stato d’aiuto per generare chiarezza nell’acquisto delle cime. Scopri la gamma di drizze e scotte sul nostro shop online: ce ne sono di ogni materiale, diametro e persino impiombate!